• HOME
  • Blog
  • Digital marketing: i 7 peccati capitali da non commettere
Andrea Serventi
2 Agosto 2016
Tempo di lettura: 5 min.

Digital marketing: i 7 peccati capitali da non commettere

Una buona digital strategy poggia su tanti pilastri: dalla progettazione UX e UI alla definizione delle campagne email, social e SEO; dalla creazione di contenuti rilevanti, online e offline, fino alla gestione delle piattaforme e-commerce e mobile. Una complessa rete di canali attraverso cui qualsiasi realtà imprenditoriale, a prescindere da dimensioni e mercato di riferimento, può comunicare con i clienti e coltivare la propria brand identity.

Per orientarsi in questo quadro e implementare ciascun pezzo del puzzle, servono conoscenze teoriche e pratiche. Con taglio alternativo, ti accompagniamo tra i sette fatal error di qualsiasi strategia digitale.

256x218
prova la piattaforma
Attiva la trial gratuita e scopri cosa puoi fare con MailUp.

Dallo sviluppo di integrazioni al supporto strategico, dalla creazione di concept creativi all’ottimizzazione dei risultati.

1. Scindere online e tradizione

Strategie tradizionali e strategie digitali vanno a braccetto, si intrecciano e vanno a creare un unico disegno. Ogni strategia parte dagli obiettivi, i comportamenti, i bisogni e i punti di contatto delle persone a cui è rivolta, i quali non fanno distinzione tra digitale/online da una parte e tradizionale/offline dall’altra. Una strategia digitale efficace è intimamente integrata con quello che (ancora) chiamiamo tradizionale.

Questo perché la digital strategy non è qualcosa che ha effetti solo online: se di successo, ha una forte incidenza sul fatturato e sugli utili aziendali di fine anno, proprio come le strategie più tradizionali. Per integrarle al meglio, è fondamentale una visione d’insieme delle attività di marketing, fatte di punti di contatto online e offline.

2. Pensare desktop

Lo specchio deformante per gli addetti alla strategia digitale si chiama desktop. Impensabile fino a qualche tempo fa, il mobile è diventato la stella polare per tutti i marketer. Smartphone e tablet sono destinati a guadagnare sempre più spazio nella vita delle persone. Se prendiamo l’Italia, negli ultimi due anni la presenza degli smartphone è cresciuta a ritmi vertiginosi: dal 24% al 41% dell’intera popolazione. Un trend destinato ad aumentare, trainando con sé l’enorme fetta di acquisti online. E se da tablet è possibile navigare su siti non ottimizzati, la fruizione da smartphone richiede necessariamente un design responsive.

Si chiama mobile first, ed è l’approccio che pone l’ottimizzazione per smartphone e tablet come requisito indispensabile per qualsiasi strategia digitale: un approccio che coinvolge tutte le parti in gioco, dalla user experience al taglio dei contenuti, passando per le campagne email, per le quali il design responsive rappresenta un requisito imprescindibile: nel nostro white paper dedicato all’email design trovi tutto quello che può servirti per dare alle tue campagne una veste grafica d’impatto e ottimizzata per mobile, grazie a spunti, best practice e modelli di noti brand da cui trarre ispirazione.

3. Essere mono-device

L’esperienza di acquisto online è sempre più spesso diluita in varie occasioni di navigazione, approfittando dell’ampio ventaglio di dispositivi che la tecnologia mette a disposizione: in Italia il 53% degli utenti rientra già in questa casistica.

L’errore che non va commesso è quello di offrire un’esperienza di navigazione con ostacoli e fratture nel passaggio da un device all’altro. All’opposto, i tuoi clienti devono potersi affidare a un’esperienza di navigazione fluente e caratterizzata da elementi come logo, link al carrello e immagini dei prodotti, sempre in evidenza e facilmente raggiungibili. Il concetto alla base è quello di UX design.

4. Cedere alle vanity metrics

I social media andrebbero affrontati con meno “fede” e più “obiettività”: hanno logiche interne rigorose, che richiedono un attento lavoro di programmazione. Il peccato a cui più spesso si cede è rappresentato dalle vanity metrics, vale a dire tutti quei dati raccolti che non aiutano l’azienda a prendere decisioni e definire precisi indirizzi strategici; sono metriche utili solo a rasserenare momentaneamente coloro a cui è in carico un determinato progetto: numero di visite all’homepage e numero di fan della pagina Facebook, per esempio, diventano inutili se quei fan e visitatori non sono stati mossi da un reale interesse.

Con queste premesse, ti consigliamo di dedicarti sempre e solo a quelle metriche che possono veramente aiutarti a comprendere se l’andamento del tuo piano marketing

5. Voler essere ovunque

Marcare indistintamente ogni canale con la tua presenza, trascurando forma e contenuti, è tutto tranne che strategico. Meglio quindi presidiare bene pochi social network che timbrare il cartellino su tutti i canali a disposizione, magari aiutandoti con sbrigative tecniche automatiche.

Ciascun social ha un suo linguaggio e necessita di tempo per la gestione e adattamento dei contenuti. L’errore più comune? Automatizzare la pubblicazione di uno stesso post su più social, collegando Twitter a Facebook, o Instagram con Facebook, facendo saltare tag e hashtag. Per questo ti consigliamo di dedicarti solo ai social più adatti per la tua realtà, gestendoli con attenzione e professionalità, come faresti per qualsiasi altra tua linea di business.

6. Chiudere il sito ai motori di ricerca

Partiamo con qualche nozione di base: cos’è la SEO? È quel mix di strategie e tecniche utili a rendere i siti web comprensibili ai motori di ricerca e, di conseguenza, facili da trovare per i naviganti della rete; l’indicizzazione è invece quel processo attraverso cui Google e gli altri motori di ricerca inseriscono le pagine dei siti web all’interno del proprio “indice”, mettendole in corrispondenza con alcune parole chiave; infine il crawler, anche detto spider, è il software di Google che rastrella il web alla ricerca di siti e pagine web da indicizzare.

Detto questo, tra i tanti errori che si possono commettere in fase di progettazione di un sito – o nel momento in cui andiamo a ottimizzare una pagina web per renderla più visibile – ce n’è uno che non andrebbe mai commesso: quello di chiudere il sito ai motori di ricerca, impedendo così ai crawler di indicizzare il dominio e renderlo rintracciabile ai naviganti.

7. Non tracciare le azioni di conversione

L’equazione è semplice: se non sai da dove vengono gli utenti più interessati ai tuoi contenuti, non puoi sapere su quali campagne investire per incrementare ancora di più le conversioni. Al contrario, è fondamentale avere chiari i numeri dello scenario di partenza, misurare in fase di definizione della strategia e, naturalmente, durante la sua esecuzione. C’è sempre un’area di discrezionalità in ogni strategia, perché è costruita su previsioni. Ciò che è pericoloso è ignorare le informazioni che ci arrivano dai numeri e costruire una strategia sul “secondo me”.

Un ottimo alleato del digital strategist è Google Analytics. Da utilizzare per verificare come sta andando il sito – nel caso ce ne sia già uno o più di uno attivi –, da quali fonti di traffico arrivano le persone che poi raggiungono gli obiettivi di conversione, quali sono le campagne che portano più risultati e così via.

Un altro strumento fondamentale è un buon piano operativo: anche la strategia più promettente non può portare risultati se non è supportata da una serie di azioni ben orchestrate nel tempo, da un budget congruo, dalle persone in grado di curarne nel tempo l’esecuzione.

Share this article

80x80
Andrea Serventi

Sono nato nel 1986 a Milano, dove mi sono laureato in lettere moderne e ho iniziato a scrivere di tante cose per quotidiani online, magazine e notiziari tivù. Convertito al marketing e al mondo digital, sono content editor di MailUp: leggo, ascolto, raccolgo spunti e scrivo, per raccontare cos'è l'email marketing e come renderlo strategico.

    Ricevi aggiornamenti e novità con la nostra newsletter!