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Andrea Serventi
1 Settembre 2016
Tempo di lettura: 4 min.

Raccontare il brand: 5 errori di corporate storytelling da non commettere

Brochure, dettagli servizi, guide informative, spot focalizzati sul prodotto non bastano più. In un mondo sovraccarico di notizie e stimoli in cui la soglia di attenzione è sempre più fragile, la sfida dei brand sta nel toccare le corde emotive dell’interlocutore, creare suggestioni e fascinazioni: saperlo coinvolgere nel racconto di una storia

 Il consumatore medio elabora più di 100 mila parole ogni giorno. In questo convulso traffico di informazioni, il brand deve saper scegliere le parole giuste, metterle insieme per intessere una narrazione coerente e riconoscibile. Perché la maggior parte degli acquisti sono il risultato di una spinta emotiva più che di un comportamento razionale.

Tanti i supporti, combinabili e in costante dialogo tra loro: video, blog post, infografiche, immagini – da veicolare sul sito, tramite email o social network. Basta immaginare ogni singola newsletter, post, tweet e video-pillola come un nuovo capitolo di una più ampia affabulazione. Per dare vita a questo intreccio servono coerenza e coesione, nelle immagini come nei testi. L’obiettivo? Creare un dialogo costante, quotidiano, che comunichi la storia di un brand in continua evoluzione.

Nel diluvio di comunicazioni che caratterizza il nostro tempo, i brand non possono prescindere dalle tecniche di corporate storytelling. Affrontando la questione dai due punti di vista opposti, in questo blog post ti accompagniamo tra i cinque errori fatali di una strategia di corporate storytelling, per poi offrirti uno sconto del 10% sul Corso Online in Corporate Storytelling di Ninja Academy, il percorso formativo per insegnarti a costruire progetti narrativi per la comunicazione d’impresa.

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1. Essere complessi come un enigma

Perdersi in circonvoluzioni, loghi incrociati e altre amenità non serve a nulla. Anzi, crea distanza tra il brand e gli interlocutori. Un elevato grado di complessità è ricercato soprattutto da chi opera in settori tecnici (high-tech e finanziario, o ancora medico-farmaceutico), nella convinzione che possa donare spessore e autorevolezza, o che non ci siano strade più accessibili per raccontare argomenti così specifici. Si tratta di una falsa convinzione: i modi per comunicare con semplicità e immediatezza esistono sempre, anche per le tematiche più ardue.

Altri ostacoli a un buon storytelling sono i particolari del gergo specifico e gli inglesismi. La complessità è il primo ostacolo che si mette di traverso tra la tua storia e il coinvolgimento emotivo, che il più delle volte passa per l’immediatezza del senso.

Se vuoi che la tua storia risulti autentica e immediata, scegli la semplicità e ricorda sempre che ogni processo di comunicazione prevede delle interferenze tra mittente e destinatario del messaggio, come nel gioco del telefono senza fili. Evita quindi di complicare ulteriormente la trasmissione del messaggio.

2. Dipingersi come il migliore

Lo storytelling serve a intrecciare legami, saldare rapporti, creare un’affinità emotiva tra il consumatore e il brand. Presentarsi come il player migliore sul mercato non serve a niente, se non a dare una patina di supponenza e inattendibilità. Eppure, tuttora, sono troppe le aziende che si autoincoronano senza apparenti motivi.

Allo stesso modo, creare un mito e raccontarsi come un eroe che ha raggiunto la vetta grazie a superpoteri crea solo un’aura di finzione e superficialità: un approccio di storytelling che allontanerà ancora di più l’interlocutore, non solo quello più diffidente.

La comunicazione patinata, in voga fino a poco tempo fa, non è più efficace; sempre più lungimirante e consapevole degli strumenti di marketing, il consumatore oggi avverte chiaramente quando la comunicazione sfocia in esagerazioni e millanterie. Mettersi sul suo stesso piano è il punto di partenza per creare un racconto coinvolgente ed efficace: serve sincerità e saper dare vita a un racconto umano, con accenti spontanei, che coinvolgano più elementi del mondo possibili, con anche le sue piccolezze e difficoltà. Ricercare ammirazione e reverenza, oltre che difficilissimo, genera un effetto distanziante.

3. Scegliere di non osare

Dare vita a una grande storia significa rischiare: il rischio che la narrazione possa non funzionare o risultare differente dalle intenzioni iniziali. Il più classico dei rischi dello storytelling aziendale è quello di scrivere una narrazione che orbita ai margini del tuo business core.

Per entrare in connessione emotiva con l’interlocutore è necessario raccontare in modo trasparente la storia della tua azienda, senza tralasciare i particolari, ma avendo cura di non indugiare troppo sugli elementi che possono risultare superflui per il lettore. Questo è saper rischiare: costruire una storia che lasci per strada alcuni aspetti del tuo lavoro, che tu ritieni decisivi ma che possono essere sacrificati, con l’obiettivo di coinvolgere sempre più chi ti ascolta e guarda.

Lo si chiami minimalismo o less is more, nello storytelling potremmo tradurlo come sfrondamento, ricerca dell’essenziale. Il rischio vero, in fondo, non è quello di esporsi troppo con il racconto, ma quello di tradire il proprio messaggio disperdendolo in rivoli narrativi superflui. In ogni storia, anche in quella di un brand, esistono protagonisti, personaggi secondari e comparse: a ognuno la sua parte.

4. Chiudere con un lieto fine

Risparmio, convenienza, garanzia del prodotto. Se questo è il lieto fine della tua storia, sappi che stai rovinando l’intero lavoro. Il vantaggio economico per il tuo cliente, come uno sconto o la garanzia del risparmio, rappresenta un finale riduttivo che taglia il respiro alla tua narrazione.

Una volta agganciato il  lettore e condotto verso il finale, il potenziale cliente guarderà il tuo brand in una luce più emotiva; il richiamo al mero risparmio economico lo riporterebbe a terra, vanificando il trasporto emotivo prodotto dalla tua narrazione. L’utente, in realtà, non vuole sapere quanto risparmierà, ma come cambierà la sua vita se sceglierà proprio te. I bisogni non sono quasi mai legati a esigenze unicamente materiali, ma rispondono a richieste molto più profonde, che meritano risposte altrettanto profonde.

I tuoi prodotti e servizi potranno solo aiutare i tuoi clienti a realizzare i loro bisogni; anche in questo caso, non esistono supereroi e promesse per sogni irrealizzabili, ma solo finali aperti, in cui potrebbero essere gli stessi clienti a essere chiamati in causa: chiedi loro di raccontarti in che modo hanno tratto vantaggio dal tuo prodotto o dai tuoi servizi. Non c’è miglior coinvolgimento che creare conversazione.

5. Nascondersi dietro il brand

Dietro a un’azienda brulica un mondo, fatto di persone e competenze differenti. L’omissione di questo mondo rappresenta, a nostro parere, un fatale errore di corporate storytelling. Nascondere dietro il marchio tutto il mondo che ha contribuito e contribuisce alla sua evoluzione porta all’appiattimento della narrazione, a un’immagine monodimensionale del brand. Al contrario, il coinvolgimento (diretto o indiretto) delle persone che rendono grande il tuo marchio è uno strumento fondamentale per dare profondità alla narrazione e avvicinare il pubblico.

Spesso il corporate storytelling non risulta efficace proprio per questo errore: se i consumatori non hanno coscienza di chi opera dietro le quinte di quel brand, percepiranno l’azienda come lontana dalla propria esperienza quotidiana. Ogni azienda, invece, è fatta di persone, con esigenze ed aspettative identiche a quelle dei clienti. Ritorniamo così all’assunto fondamentale: per essere coinvolgente ogni storia aziendale dovrebbe essere legata a doppio filo a una storia umana. Solo così riuscirai a condividere quell’esperienza comune che rende grande il tuo business.

A lezione di corporate storytelling

Il racconto e la narrazione sono ormai parte integrante delle pratiche quotidiane del marketing e della comunicazione. Che tu sia una grande impresa, un’agenzia, una PMI o un freelance, o che ti muova prevalentemente online o offline, oggi hai bisogno di raccontarti. MailUp, grazie alla partnership con Ninja Academy, ti offre il 10% di sconto sul Corso Online in Corporate Storytelling. Un percorso formativo per imparare a:

  • costruire e misurare un racconto d’impresa
  • raggiungere obiettivi strategici grazie al Corporate Storytelling
  • applicare una corretta metodologia ad un progetto di narrazione d’impresa
  • progettare strategie ed attività di Visual Storytelling
  • utilizzare gli strumenti degli Storytelling Specialist.

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Andrea Serventi

Sono nato nel 1986 a Milano, dove mi sono laureato in lettere moderne e ho iniziato a scrivere di tante cose per quotidiani online, magazine e notiziari tivù. Convertito al marketing e al mondo digital, sono content editor di MailUp: leggo, ascolto, raccolgo spunti e scrivo, per raccontare cos'è l'email marketing e come renderlo strategico.

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