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Andrea Serventi
4 Gennaio 2017
Tempo di lettura: 10 min.

Email marketing: i 10 errori fatali (e le 10 soluzioni)

Caricamento delle liste di destinatari, creazione dell’email, lancio. Sono tanti i brand che appiattiscono le attività di email marketing a queste tre grandi fasi. La situazione, in realtà, è ben più complessa di così, perché tra la l’importazione del database e l’invio della campagna ci attendono diverse e specifiche attività, tra le cui pieghe si dischiude il reale potenziale dell’email marketing.

In questo blog post abbiamo pensato di riunire i passi falsi e gli errori che un marketer può commettere nella gestione delle attività di email marketing: dieci errori che coincidono con dieci mancate occasioni per ottenere di più, molto di più, dalle proprie campagne.

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1. Inviare senza consenso e acquistare indirizzi

Avere il consenso del destinatario a ricevere le tue comunicazioni ha tre implicazioni:

  • Etica: non è mai il brand che sceglie di inviare le proprie comunicazioni, è il destinatario che accetta di riceverle. Qualsiasi invio che non rispetti questa regola d’oro infrange il patto di responsabilità etica e morale che sta alla base di qualsiasi iniziativa di email marketing; e si diventa spammer.
  • Legale: chi invia email senza il consenso del destinatario rischia multe e sanzioni. Nei mesi scorsi, in concomitanza con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo, abbiamo esplorato tutte le norme che riguardano da vicino i marketer, in un ciclo di blog post e in una Video Academy dedicata.

  • Strategica: chi invia a database di contatti che non hanno dato la propria autorizzazione vedrà i risultati delle campagne (tassi di apertura, di clic e di conversione) approssimarsi allo zero. Il successo dell’email marketing poggia saldamente sul consenso del destinatario. Come assicurarsi di ottenerlo? In questo blog post ti guidiamo tra i pro e i contro dei due fondamentali metodi di iscrizione: single opt-in e double opt-in. A questo errore se ne aggiunge un secondo: quello di acquistare pacchetti di indirizzi email, più o meno cospicui, talvolta sterminati. C’è ancora chi cede alla tentazione, ma si tratta di una soluzione che comporta solo svantaggi, nel breve come nel medio e lungo periodo: dallo scarso coinvolgimento dei destinatari al rischio di sanzioni, fino al deterioramento della brand identity e della reputazione di invio. In questo blog post abbiamo fatto luce sul fenomeno, evidenziandone gli svantaggi e offrendo le migliori alternative.

2. Isolare le email dagli altri canali

Piattaforma email, database esterni, CRM, CMS, ERP, e-commerce, sistemi di business intelligence: non sono mondi separati, ma vicini e comunicanti. O almeno dovrebbero esserlo, in qualsiasi strategia di digital marketing. Una piattaforma di invio come MailUp ti consente di connettere tutti i sistemi, sincronizzare le informazioni presenti in ognuno e farle dialogare.

Oltre al servizio di configurazione su misura, ecco alcune delle integrazioni possibili con la piattaforma MailUp, con cui è possibile innescare campagne automatiche profilate nel dettaglio; senza dimenticare il potenziale del canale SMS, che combinato alle email consente di coltivare ogni touchpoint del customer journey.

3. Trascurare il database di contatti

Il tasso di abbandono – tra disiscritti, inattivi e indirizzi errati – può erodere in media dal 25% al 30% del database ogni anno. Ovviamente il dato oscilla a seconda del business di riferimento e dei criteri di acquisizione dei destinatari. Per questo le attività di database building dovrebbero essere inserite tra le priorità. Le risorse a disposizione dei marketer sono in continuo sviluppo e consentono di tradurre ogni punto di contatto con clienti e utenti in opportunità di conversione in destinatari: dalle pagine del tuo sito, grazie a un pop-up dinamico, alla tua pagina Facebook, fino agli eventi o al tuo punto vendita fisico, grazie a un modulo di iscrizione su iPad creato con l’applicazione Jade.

Un altro errore è quello di dimenticarsi della cosiddetta “pulizia del database”: eliminare gli indirizzi inattivi (che non aprono le tue email da molto tempo) è di fondamentale importanza per migliorare la deliverability degli invii; così come l’identificazione di errori nelle liste. Due attività che sono svolte in automatico da MailUp: la piattaforma infatti processa il database per individuare errori sintattici o di battitura negli indirizzi email, gestendo bounce, disiscritti e doppioni. Per liste di contatti pulite e attendibili.

4. Non segmentare i destinatari

In America lo chiamano approccio “one size fits all”: fuori di metafora significa inviare la stessa email all’intero database, senza fare alcuna distinzione tra i destinatari. Un errore fatale, nonostante sia ancora piuttosto diffuso: secondo SuperOffice, solo l’11% delle aziende segmenta il proprio database. Segmentare significa inviare una stessa tipologia di email ma diversificata nell’offerta o in alcuni punti chiave del contenuto, a seconda della tipologia di destinatario, dei suoi dati anagrafici, dei suoi interessi e delle sue precedenti azioni.

In poche parole, si tratta di personalizzare le email, per renderle rilevanti a ciascun contatto. I contenuti dinamici e i filtri della piattaforma MailUp (anagrafico, geografico, per attività e per dispositivo) consentono di automatizzare l’intero processo. Inoltre, se integrati alle funzioni di marketing automation, è possibile impostare workflow di email automatiche calibrate sulle attività del singolo destinatario.

5. Pensare le email solo in ottica desktop

Il punto di non ritorno è avvenuto già da molti mesi: le aperture delle email da mobile (56% – dato Litmus) hanno superato quelle da desktop. E il trend sarà sempre più dominante, dal momento che entro il 2021 saranno 6,3 miliardi gli smartphone nel mondo (Ericsson Mobility Report).

Concepire e progettare le email prendendo in considerazione soltanto la visualizzazione su desktop è tra i più gravi errori che si possano commettere. Largo quindi al mobile first, un approccio che orienta design e contenuti al genere di lettura imposto da smartphone e tablet, sempre più rapido e intermittente. In questo post trovi 10 consigli per creare campagne responsive ed efficaci. Se invece vuoi approfondire gli aspetti di email design (senza essere un esperto di grafica e codice HTML), ecco un whitepaper con le nuove tendenze, i consigli e le best practice per la veste grafica delle tue campagne.

Un’avvertenza speciale merita il tema delle email image-only: spesso utilizzate dai brand, queste email – che impiegano un’unica grande immagine per coprire l’intero corpo dell’email – sono il più delle volte non ottimizzate per mobile, oltre a non essere visualizzate da tutti quei destinatari che hanno l’opzione “images off” attivata; a tutto questo dobbiamo anche aggiungere che le immagini particolarmente pesanti vengono bloccate dai filtri antispam di molti provider, perché percepite come enormi inserzioni pubblicitarie più che come email.

6. Ignorare alcuni piccoli (ma essenziali) elementi

Pie’ di pagina in italiano, footer per gli anglofili: una sezione dell’email tanto periferica quanto fondamentale. Si tratta di quella fascia a chiusura dell’email che ospita informazioni importanti per il destinatario: la trasparenza e l’attendibilità di un brand passano in buona parte dal footer. Trascurarlo nel design o (peggio ancora) tralasciarlo, rappresenta un errore strutturale di qualsiasi strategia di email marketing. Ecco gli elementi che dovrebbero trovare posto in ogni footer:

  • Link per la disiscrizione
  • Informazioni per contattare il brand
  • Bottoni di condivisione social
  • Link al Centro preferenze
  • Permission reminder e copyright
  • Informativa sulla privacy

Per entrare nel dettaglio degli elementi del footer e imparare a dar loro la miglior veste grafica, leggi il blog post dedicato.

7. Sbagliare approccio al testo

L’email non è una pagina del sito o di un fascicolo informativo. Potremmo piuttosto paragonarla a un teaser o a un flyer, per immediatezza e incisività: un messaggio che introduce e presenta novità e offerte, l’anticamera a un ulteriore contenuto (una pagina web o un pdf) raggiungibile con un solo clic. Per questo è inutile affollare l’email con troppo testo, con l’obiettivo di essere esaustivo; soprattutto nell’ottica mobile first di cui abbiamo parlato nel punto 5. Errato però anche l’approccio inverso: essere troppo allusivi e parziali nel presentare la novità.

Allo stesso modo l’oggetto, che non è un’etichetta ma un vero e proprio titolo che – in una manciata di parole – deve essere esaustivo sul contenuto dell’email e invogliare all’apertura. Per fare un esempio, “Newsletter di Settembre” risulterà sempre meno efficace di “I 7 modi migliori per inviare email”.

A integrazione dell’oggetto, ricorda sempre di compilare il sommario (o preheader), il breve testo che nella casella inbox compare accanto o sotto l’oggetto. Offrendo ulteriori informazioni al destinatario sul contenuto del messaggio, un buon sommario aumenta significativamente i tassi di apertura, soprattutto da mobile.

8. Non sperimentare con gli A/B test

Non un errore ma una mancanza, perché l’A/B test è uno strumento imprescindibile per conoscere quali elementi della tua email hanno maggiore efficacia e attrattiva sui tuoi destinatari: con un A/B test puoi mettere a confronto due versioni dello stesso messaggio (modificando oggetto, impaginazione, call-to-action) fino a definire una versione vincente, quella che ottiene i migliori tassi di apertura, di clic e di conversione. In questo post trovi un comodo tutorial per mettere a punto un A/B test sul design delle email.

9. Non effettuare dei test di invio

Gli errori più banali di un’email possono essere evitati dedicando qualche minuto ai test: spam checkanteprime di visualizzazione, analisi link e altro ancora. Strumenti per effettuare prove di invio (all’interno di un’unica area della piattaforma) e assicurare ai tuoi destinatari la migliore visualizzazione della campagna, controllando la compatibilità con i client di posta, l’esattezza del codice HTML, la presenza di parole spam e molto altro. Nel B2C è fondamentale provare un invio verso i principali portali di posta (Hotmail, Gmail, Yahoo!, Virgilio…). Raccomandiamo inoltre di provare i link: MailUp analizza in automatico la loro correttezza e controlla che non siano finiti in blacklist. Ma è sempre bene fare un ultimo controllo prima del lancio.

10. Non analizzare i risultati

L’email marketing è una delle aree del digital che meglio, e più nel dettaglio, restituisce l’andamento delle campagne: ignorare gli strumenti a disposizione per l’analisi rappresenta un grave errore. Uno dei mantra di MailUp è “ciò che non può essere misurato non può essere migliorato”: parliamo di tassi di apertura, di clic, aperture uniche, bounce, disiscritti. Per questo abbiamo dotato la piattaforma di un avanzato sistema di report statistici, aggiornati in tempo reale e ordinati secondo diversi criteri: report per destinatario, per messaggio, geografici e per dispositivo.

Inoltre gli studi di benchmark ti consentono di confrontare i risultati delle campagne con le medie del tuo settore di riferimento. Per uno sguardo ancora più approfondito sul panorama dell’email marketing, l’Osservatorio Statistico di MailUp ti offre numeri, trend e statistiche per comprendere a fondo il mercato e migliorare le tue performance.

Non c’è occasione migliore delle prime settimane del nuovo anno per aggiornare la tua strategia e ripulirla di eventuali errori strutturali. Oltre ai nostri 10 punti, hai altri errori da segnalarci o storie da raccontarci? Lascia il tuo commento qui sotto.

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Andrea Serventi

Sono nato nel 1986 a Milano, dove mi sono laureato in lettere moderne e ho iniziato a scrivere di tante cose per quotidiani online, magazine e notiziari tivù. Convertito al marketing e al mondo digital, sono content editor di MailUp: leggo, ascolto, raccolgo spunti e scrivo, per raccontare cos'è l'email marketing e come renderlo strategico.

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