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Andrea Serventi
3 Agosto 2017
Tempo di lettura: 7 min.

Email deliverability: do’s e dont’s per garantire il recapito delle campagne

Quando un brand invia un’email al proprio cliente, che si tratti di una comunicazione di natura promozionale o transazionale, si dà per scontato che termini la sua corsa nell’inbox del destinatario. Si crede insomma all’equivalenza invio uguale recapito. Le cose non stanno esattamente così.

Da quando venne inoltrata la prima email – era il lontano 1971 – è passata un’era: oggi vengono inviati in media 225 miliardi di messaggi di posta elettronica a livello globale. Un flusso in continua crescita, che secondo Radicati nel 2020 toccherà la soglia dei 257 miliardi.

Ora però guardiamo l’altra faccia della questione, il recapito, per il quale dobbiamo affidarci a un altro studio: ReturnPath ha stimato che circa un quarto (il 22% per la precisione) delle email inviate a destinatari che hanno dato il loro consenso a ricevere comunicazioni non raggiunge l’inbox.

Il corretto (o mancato) recapito di un’email dipende da diversi fattori. La parola chiave da tenere in mente è deliverability, cioè la capacità delle email di arrivare nella casella di posta in arrivo del destinatario ed evitare quella di posta indesiderata.

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Troppo spesso la deliverability diventa oggetto di attenzione solo nel momento in cui le performance di invio di un brand (tassi di apertura e clic) assumono un trend negativo. Invece che risolvere i problemi una volta emersi, è consigliabile adottare un approccio proattivo che consenta di salvaguardare gli invii nel tempo. Abbiamo allora raccolto i punti fondamentali che un brand deve osservare per fare in modo che quella fetta di email che va persa e non raggiunge il destinatario si riduca al minimo.

Do’s

1. Adotta il sistema di double opt-in

Si tratta di quella modalità di iscrizione alla newsletter che, contrapposta al single opt-in, prevede un ulteriore passaggio per confermare la registrazione. Una volta compilato il form e inviata la richiesta, il nuovo contatto dovrà cliccare nell’email di conferma inviatagli in automatico. Un metodo per accertarsi che l’indirizzo email inserito sia valido e di effettiva proprietà dell’utente.

Verificando gli indirizzi email, il double opt-in consente di ridurre al minimo il tasso di bounce che, impattando negativamente sulla reputazione di molti brand, provoca problemi di deliverability. Al contrario, una lista di contatti pulita consente di mantenere elevati standard di deliverability, che si traducono in maggiori tassi di recapito.

Il double opt-in consente di alimentare il database con indirizzi validi e mantenere pulite le liste, in partenza, senza doversi affannare in seguito nel tentativo di recuperare la reputazione perduta.

2. Rendi accessibile e rapida la disiscrizione

Ostacolare (più o meno volontariamente) il processo di disiscrizione è controproducente. Cosa è spinto a fare un contatto se non riesce ad annullare in modo immediato la registrazione alla newsletter? Ripiegherà sul bottone spam, a intero svantaggio del brand.

A confermare la dinamica è la ricerca congiunta di Litmus e Fluent, che ci dice come il 50% dei destinatari che contrassegnano le email come spam è spinto a farlo perché non riesce a trovare in modo intuitivo la via alla disiscrizione.

È fondamentale allora che tutte le email inviate contengano nel footer il link alla disicrizione, e che questo sia chiaro, in evidenza e rimandi a una pagina altrettanto funzionale. Per scoprire tutto su questo fondamentale elemento di Email Marketing ti consigliamo un nostro recente blog post, dove spieghiamo perché dal link di disiscrizione passano la trasparenza, la reputazione e la deliverability di un brand.

3. Affidati a un’infrastruttura professionale

Non possiamo non parlare del sistema di invio, cioè quell’infrastruttura tecnologica che garantisce sicurezza e prevenzione contro le insidie del phishing, dello spam e di ogni altro tipo di abuso da parte di terzi.

È il caso di MailUp, la piattaforma di invio che rispetta i migliori standard di sicurezza, grazie a certificazioni e a IP, condivisi e dedicati, inseriti nelle più autorevoli whitelist internazionali e costantemente monitorati per preservare e migliorare la reputazione d’invio; inoltre, per favorire il recapito in inbox delle email, MailUp coltiva una stretta relazione con i principali provider organizzazioni antispam, aderendo ai programmi di feedback loop.

4. Mantieni pulito il database

Meglio la qualità della quantità: questo è l’assunto base. Curare la pulizia del database significa gestire in modo tempestivo errori di recapitodisiscrizioni degli utenti e iscrizioni.

Un processo efficiente per gestire i bounce è fondamentale: i client di posta come Gmail potrebbero penalizzare il mittente se in un determinato arco di tempo il numero di bounce tocchi livelli troppo elevati. Il volume relativo agli indirizzi errati è uno degli indicatori per determinare la reputazione del mittente, dal momento che potrebbe essere un chiaro segnale di acquisizione di contatti non corretta se non addirittura illegale. A questo si aggiunge che le metodologie alla base dei filtri anti-spam dei maggiori ISP sono passate da una mera analisi dei contenuti alla valutazione in tempo reale della reputazione dei sender: ecco perché gestire correttamente i bounce e rimuovere i contatti non validi prima che sia troppo tardi è di fondamentale importanza.

MailUp assiste i brand in questa attività analizzando miliardi di record per identificare e correggere classificazioni errate. MailUp controlla tutti i flussi di email in uscita dai server per valutare il numero di hard bounce e la percentuale sulle email inviate dal cliente, confrontandola con lo storico dei dati.

5. Rispetta le normative sulla privacy

Qualsiasi attività di Email Marketing deve poggiarsi sul rispetto di una base normativa: significa aderire alla legislazione in vigore sul trattamento dei dati personali dei destinatari.

Da oltre un anno si parla del nuovo Regolamento europeo sulla privacy, che doterà i paesi dell’Unione Europea di un nuovo testo di legge relativo al trattamento dei dati personali di tutti i cittadini del vecchio continente.

Il 10 gennaio 2017, inoltre, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sulle comunicazioni elettroniche che completa il quadro dell’UE in materia di protezione dei dati.

Si tratta di interventi che hanno l’obiettivo di rafforzare la fiducia e la sicurezza nel mercato unico digitale creando un giusto equilibrio tra elevata protezione dei consumatori e possibilità di innovazione per le imprese.

A MailUp da tempo accompagniamo l’entrata in vigore del nuovo Regolamento affidandoci alle competenze dell’Avvocato Marco Maglio: puoi trovare tutte le informazioni che ti servono nella sezione dedicata del nostro blog e nella Video Academy.

6. Sii coerente con quanto promesso in fase di iscrizione

La relazione tra brand e destinatari si gioca sul sottile crinale delle aspettative. Se una persona ha scelto di iscriversi a una newsletter, significa che ha ritenuto utile e di interesse ricevere nel tempo un certo genere di contenuti. Per fare un esempio, a un nuovo contatto che ha scelto di registrarsi per ricevere offerte, flash sales e promozioni non potremo certo inviare news di carattere finanziario che riguardano la dimensione corporate del brand.

È fondamentale allora inviare solo contenuti pertinenti coerenti con quanto promesso in fase di iscrizione (vale a dire nel form di registrazione del sito, sulla pagina social o altrove).

Come detto, si tratta di una questione di aspettative che, se tradite, porteranno il destinatario a disiscriversi e, nel peggiore dei casi, a contrassegnare l’email come spam.

Dont’s

1. Acquistare o affittare liste di contatti

Si tratta di uno dei maggiori errori strategici per un brand che vuole mettere a punto un piano di Email Marketing. Acquistare o affittare database “preconfezionati” non solo è poco proficuo, ma controproducente.

Non è mai la quantità di contatti in database a fare la differenza, ma la qualità: un database di milioni di contatti, se di cattiva qualità, risulta dannoso oltre che inutile. La qualità è l’unica variabile da considerare nella valutazione.

Qualsiasi attività di Email Marketing ha come punto di partenza la raccolta di indirizzi email ottenuti con il consenso del destinatario, nella sua piena volontà a ricevere comunicazioni desiderate. Non è solo una best practice per convertire le email in opportunità di business, è un codice etico, vincolato a precise disposizioni di legge, a cui abbiamo accennato al punto 5 dei do’s.

Al tema abbiamo dedicato un blog post, in cui ti spieghiamo nel dettaglio quali rischi si corrono con l’acquisto di pacchetti di indirizzi email.

2. Inviare email senza autenticazione

Proprio come chi viaggia in aereo è tenuto a mostrare il proprio passaporto e il biglietto, così le email devono passare attraverso l’autenticazione per dimostrare cosa contiene l’email e da dove proviene.

Se l’infrastruttura e l’autenticazione non sono impostati correttamente, i provider di posta in arrivo potrebbero avere problemi a confermare la legittimità del mittente. Ecco allora i più autorevoli protocolli agli occhi della maggior parte dei client di posta elettronica, a cui spetterà la valutazione e il giudizio sopra la legittimità del messaggio:

  • SPF, che consente ai servizi di posta elettronica di controllare che le email in arrivo da un dominio specifico siano state in realtà inviate da un IP che il mittente ha autorizzato.
  • DKIM (Domain Keys Identified Mail), che rappresenta un passo avanti per l’autenticazione delle email, in quanto permette di validare non solo il dominio ma anche il contenuto del messaggio. Per ottenere la validazione viene aggiunta una firma crittografica al contenuto che coinvolge specifici header / parti del messaggio.
  • DMARC (Domain-Based Message Authentication, Reporting & Conformance), che sfrutta SPF e DKIM fornendo ai brand che inviano email la possibilità di specificare come devono essere trattate le email che non passano la validazione. Fornisce anche un framework ai riceventi per  fornire report automatici ai mittenti con tutte le informazioni necessarie per identificare chi sta tentando di falsificare le comunicazioni usando il loro dominio. Con questo sistema non solo i brand possono impedire l’utilizzo non autorizzato dei loro domini ma possono anche monitorare il traffico e capire se ci sono IP validi che non sono stati inclusi nel loro record SPF.

Questo, in estrema sintesi, il ritratto dei fondamentali protocolli di autenticazione. Per entrare nel dettaglio tecnico di ciascuno, possiamo consigliarti il nostro white paper dedicato al Banking & Finance, un settore che come nessun altro richiede il rispetto dei più elevati standard di sicurezza e protezione.

3. Ignorare gli inattivi e uniformare gli invii

Il database di destinatari non è un blocco monolitico a cui inviare la stessa comunicazione. È sempre raccomandabile segmentare i contatti – oltre che per dati anagrafici, preferenze e inclinazioni – anche a seconda del livello di engagement: quelli meno coinvolti (che fanno registrare bassi tassi di apertura e clic) dovranno essere separati da quelli più reattivi.

Creare contenuti specifici per il gruppo con basso engagement consente anche di salvaguardare la deliverability. Questo perché molti client di posta, primo fra tutti Gmail, cercano delle chiare evidenze che il destinatario desideri ricevere i messaggi, e usano queste prove come fattori decisivi per catalogare il messaggio, facendolo arrivare nella cartella principale o nella cartella spam. Se i client di posta ragionano sulle inbox, gli ISP (internet service provider) valutano invece la bontà dell’intero database. Nei casi in cui il rapporto tra utenti attivi e inattivi propenda a favore dei secondi, l’ISP inizia a ritenere il mittente poco affidabile e di scarsa qualità. Relegherà quindi in automatico le sue comunicazioni alla cartella spam, per arrivare in alcuni casi al blocco dell’intero accesso alla casella di posta.

Per questo, col fine di evitare conseguenze negative a livello di deliverability, è sempre bene monitorare gli utenti inattivi e prevedere delle strategie di riattivazione che effettuino periodiche verifiche e pulizie del database. Ecco un blog post dove trovare alcuni spunti teorici e pratici sulle campagne di riattivazione.

Altrettanto importante della segmentazione in base al coinvolgimento è la diversificazione delle liste di invio: consigliamo fortemente di avere una lista diversa per ciascuna tipologia di email (promozionale, transazionale, newsletter informativa ecc.).

4. Inviare sporadicamente

Se i tuoi destinatari dimenticano chi sei, l’utente sarà spinto a disiscriversi o a cliccare sul bottone di segnalazione spam. Per questo è consigliabile non scendere sotto i due invii  mensili. Se così fosse, riallacciandoci al punto precedente, consigliamo di programmare un piano di invii ben cadenzato e ricontattare quei destinatari ai quali non si sta inviando da più mesi tramite una campagna di re-engagement, specificando in maniera chiara:

  • Chi è il mittente che invia la comunicazione
  • Perché il destinatario sta ricevendo quell’email
  • Quali sono le motivazioni per cui il destinatario dovrebbe ritenere rilevanti i messaggi.

5. Isolare i diversi sistemi

Costituendo la base per azioni tattiche successive, i dati di ogni campagna dovrebbero essere condivisi tra tutti i sistemi e applicazioni di un brand (CRM, CMS, ERP, e-commerce e business intelligence). Sapere, per esempio, chi sono gli utenti che hanno cliccato, permette di ideare una campagna mirata su di loro che avrà un tasso di deliverability molto elevato.

I filtri inoltre aiutano a profilare i destinatari su base anagrafica o secondo le azioni compiute. I messaggi triggered o automatici sono inviati al compimento di un’azione e aiutano a costruire e mantenere una relazione digitale personalizzata con i destinatari.

Per collegare tutte le applicazioni di un brand e mettere a punto un ecosistema digitale integrato, MailUp mette a disposizione un’ampia libreria di integrazioni.

6. Includere moduli HTML, JavaScript, Flash o Activex

Questo genere di codice non funziona correttamente nella maggior parte dei client di posta elettronica e potrebbe avere diversi effetti: dalla segnalazione spam al mal funzionamento fino alla mancata visualizzazione del contenuto. Per questo ti consigliamo sempre di utilizzare codice HTML pulito e tabelle nidificate.

Email deliverability: per concludere

Il successo di una campagna passa per il corretto recapito. Prima dell’invio, accertati di:

  • Aver scelto un’infrastruttura di invio affidabile e che rispetti i principali protocolli di autenticazione
  • Adottare il sistema di double opt-in per l’iscrizione alla newsletter
  • Rendere chiaro, visibile, immediato e intuitivo il processo di disiscrizione
  • Rispettare la normativa in vigore sul trattamento dei dati personali
  • Aver inserito un form chiaro evidenziando tutti i vantaggi dell’iscrizione
  • Inviare con frequenza regolare e rispettando le promesse di contenuto fatte in fase di iscrizione
  • Poter interpretare e usare i dati statistici sulla tua campagna
  • Far comunicare la tua piattaforma di invio con gli altri sistemi esterni.

Senza dimenticare, nel caso di grandi volumi di invio, la possibilità di una consulenza personalizzata: si chiama Delivery Premium, il servizio che, grazie a un’ampia gamma di configurazioni avanzate e consulenze su misura, permette di massimizzare i tassi di recapito e il ritorno sull’investimento di una strategia di Email Marketing.

Se invece ancora non hai ancora inviato la tua prima campagna email, prova la piattaforma MailUp gratis per 30 giorni.

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Andrea Serventi

Sono nato nel 1986 a Milano, dove mi sono laureato in lettere moderne e ho iniziato a scrivere di tante cose per quotidiani online, magazine e notiziari tivù. Convertito al marketing e al mondo digital, sono content editor di MailUp: leggo, ascolto, raccolgo spunti e scrivo, per raccontare cos'è l'email marketing e come renderlo strategico.

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