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Avv. Marco Maglio
9 Novembre 2017
Tempo di lettura: 4 min.

Influencer Marketing: come farlo in modo legale ed eticamente corretto

Nella Video Academy con Matteo Pogliani abbiamo approfondito tutti gli step necessari per strutturare una strategia efficace di Influencer Marketing.

Oggi aggiungiamo l’ultimo tassello, dalla penna dell’Avv. Marco Maglio: le accortezze legali (ma in primo luogo etiche) a cui attenersi per assicurarsi che le attività siano lecite, trasparenti e non passibili di sanzioni.

Influencer Marketing: cos’è?

Nel gergo tecnico degli esperti di advertising si parla sempre più spesso di marketing di influenza (o influencer marketing). È una tecnica di valorizzazione di marchi, prodotti o servizi e in un certo senso si basa su meccanismi di comunicazione virale – ma non c’entrano niente né i virus, né le malattie di stagione.

L’Influencer Marketing è una forma di marketing che si basa sull’uso della notorietà acquisita da persone già note, che acquisiscono visibilità e che sono in grado di disporre di visibilità, che hanno influenza sui consumatori.

L’Influencer Marketing consiste nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Myspace) di foto, video e commenti da parte di “bloggers” e “influencers” (ovvero di personaggi di riferimento del mondo online, con un numero elevato di followers), che mostrano sostegno o approvazione (endorsement) per determinati brand, generando un effetto pubblicitario, ma senza palesare in modo chiaro e inequivocabile ai consumatori la finalità pubblicitaria della comunicazione.

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Il problema della trasparenza

Quali caratteristiche deve presentare l’influencer in grado di condizionare il mercato e le scelte di acquisto dei consumatori? Non basta essere popolari per diventare persone influenti. Occorre autorevolezza e bisogna esser in grado di diventare punti di riferimento per una comunità omogenea di persone.

Le persone influenti hanno il potere di condizionare le decisioni d’acquisto degli altri in virtù delle loro (reali o percepite) autorità, conoscenza, posizione o relazioni.

Non occorre essere testimonial di campagne pubblicitarie. All’influencer basta parlare di un prodotto in un suo post o mostrare una fotografia che lo ritrae mentre utilizza un certo oggetto, quasi in modo occasionale.

Chiaramente, l’utilizzo di questi meccanismi di condizionamento rischia di porsi in contrasto con le regole di trasparenza e correttezza.

Se le scelte dell’influencer sono determinate da accordi con produttori di beni e servizi e i consumatori non sono informati di questi elementi, l’inganno ai danni dei consumatori è evidente.

Ai ripari: l’intervento dell’Autorità Antitrust

Proprio per questo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deciso di indagare sul fenomeno dell’Influencer Marketing nei social media.

Tale fenomeno sta assumendo dimensioni crescenti in ragione della sua efficacia, derivante dal fatto che gli influencer riescono a instaurare una relazione con i followers-consumatori, i quali percepiscono tali comunicazioni come consiglio derivante dall’esperienza personale e non come comunicazione pubblicitaria.

I meccanismi di queste comunicazioni sono spesso ingannevoli. L’influencer racconta la sua vita pubblicando immagini e post che lo rappresentano in un ambiente domestico.

L’evidenza data ai marchi può variare in intensità e modalità, in quanto le tipologie di post e personaggi si presentano molto eterogenee. Il post può essere accompagnato da commenti sul prodotto.

Per sollecitare la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario dei post pubblicati, così come previsto dal Codice del Consumo, l’Autorità Antitrust nell’estate scorsa ha inviato lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione.

Dopo aver ricordato che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, affinché l’intento commerciale di una comunicazione sia percepibile dal consumatore, l’Autorità ha evidenziato come il divieto di pubblicità occulta abbia portata generale e debba, dunque, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network.

Infatti gli influencer non possono lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand.

L’Autorità ha indicato criteri di trasparenza che gli influencer devono adottare e ha chiesto di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda. A queste diciture deve sempre seguire il nome del marchio.

Obiettivi finali: correttezza e consapevolezza

L’obiettivo finale di queste azioni è impedire il marketing occulto, pericoloso perché impedisce al consumatore di usare le naturali difese che scattano di fronte ad un dichiarato messaggio pubblicitario.

Le autorità di controllo hanno già preannunciato verifiche che riguarderanno sia le aziende che utilizzano queste forme di marketing, sia i personaggi noti che abbinano la loro immagine a marchi più o meno noti, in modo apparentemente casuale.

Ma nulla avviene per caso nell’account dei social media degli influencer. Sarà bene ricordarlo quando frequentiamo gli account di personaggi noti. In fin dei conti, per non prendere l’influenza bastano le sane precauzioni che tutti conosciamo.

E per non essere contagiati dall’Influencer Marketing occorre solo un po’ di disincanto e di attenzione. Essere follower non significa diventare vittime inconsapevoli di questi meccanismi di condizionamento dei comportamenti sociali.

Dipende da ognuno di noi.

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Avv. Marco Maglio

Avvocato, fondatore di Lucerna Iuris, Network Giuridico Internazionale formato da studi legali specializzati in diritto del marketing e della comunicazione. Presiedo il Giurì per l'Autodisciplina del direct marketing e del commercio elettronico e l’Osservatorio Italiano Privacy. Partecipo alle attività dei principali Gruppi di lavoro formati da Esperti Internazionali in materia di Data Protection e Marketing Law e sono Componente del Legal Affairs & Ethics Committee di FEDMA (Federazione Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell'Italia. Sono Membro dell'International Privacy Professionals Association e sono Senior Certified Privacy Auditor.

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