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Andrea Serventi
20 Febbraio 2018
Tempo di lettura: 7 min.

Email preheader: cos’è, a cosa serve e alcune best practice

Guida al sommario delle email: l’elemento testuale tanto piccolo quanto strategico, perché capace di trainare i tassi di apertura e di conseguenza CTR e conversioni.

Preheader, sommario, johnson box, intestazione sono diversi modi di riferirsi allo stesso, fondamentale elemento dell’email: quella riga di testo che segue l’oggetto e che dovrebbe fornire un’ulteriore anticipazione dei contenuti del messaggio.

Oggi entreremo in profondità nell’argomento, perché sono ancora tantissime le aziende che trascurano il preheader, spesso consegnando in bianco, con pessimi risultati. Vediamo allora che cos’è, quali vantaggi dispiega e alcuni consigli, a seconda degli obiettivi, per sfruttare per intero il suo potenziale.

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Che cos’è il preheader?

Il preheader, spesso tradotto come intestazione ma a cui è preferibile sommario, è quel breve testo che, nella inbox del destinatario, viene visualizzato dopo l’oggetto. Su desktop appare così:

Su mobile è anche più evidente:

Il preheader rappresenta il terzo livello di lettura di un’email visualizzata in posta in arrivo. Di fatto, è un elemento del copy a integrazione dell’oggetto e che fornisce al destinatario un ulteriore appiglio per farsi un’idea dei contenuti veicolati dall’email.

La nascita del preheader è una diretta conseguenza del continuo aumentare dei volumi di email che quotidianamente raggiungono le caselle di posta di ognuno di noi. In questo grande traffico era necessario mettere a disposizione degli utenti un contenuto in più che aiutasse a determinare la rilevanza o meno dell’email. Non solo un appiglio per i destinatari, ma una carta in più a disposizione dei brand per fare breccia nelle persone e accompagnarle al clic o tap sullo schermo.

Ed ecco che arriviamo al punto: il preheader, e questo sia chiaro ed evidente, non è solo un elemento di servizio a disposizione dei destinatari, ma un elemento strategico che opera sulla soglia del funnel, quella in cui dobbiamo convincere gli utenti ad aprire l’email. Inserire e migliorare il preheader porta a un incremento dei tassi di apertura che, a sua volta, funziona da traino per gli altri KPI dell’Email Marketing, in particolare quelli che stanno più a cuore ai brand: CTR e conversioni.

Tecnicamente, perché scrivere il preheader?

Restringiamo l’obiettivo e guardiamo da vicino il preheader, per capire, dal punto di vista della fruizione, a cosa serve questa piccola, fondamentale anticipazione dei contenuti. I motivi sono diversi:

Offre un terzo livello di anteprima dell’email
Il preheader, integrando gli altri elementi di un’email visualizzata in inbox, contribuisce a creare un percorso di lettura su tre diversi livelli:

  1. Mittente, che nell’Email Marketing si configura come il titolo, in grado di offrire la primissima fondamentale contestualizzazione: chi mi sta scrivendo, a quale ambito appartiene?
  2. Oggetto, che annuncia il tema su cui verte quella specifica comunicazione, rispondendo alla domanda: in merito a cosa mi sta scrivendo quel mittente?
  3. Preheader, che offre un’anteprima del contenuto, l’highlight o, nel migliore dei casi, il concetto chiave alla base della comunicazione: di cosa mi sta mettendo al corrente il mittente, cosa vorrebbe che io facessi?

Ecco un esempio:

Sembra una sofisticazione – in un’epoca in cui abbiamo sempre meno tempo, in cui scansioniamo invece di leggere, in cui la nostra soglia di attenzione è crollata, e chi più ne ha più ne metta – ma è il suo esatto opposto: poter farsi un’idea servendosi di tre livelli testuali aiuta i destinatari a rendere ancora più rapido e immediato il vaglio di cosa è rilevante e cosa non lo è.

Asseconda gli utenti mobile
Come ti raccontavamo in questo post, il 49% degli utenti apre le email su smartphone, e il preheader nella versione mobile è quasi più preminente dell’oggetto: se quest’ultimo viene tagliato, il preheader appare il più delle volte nella sua interezza. Per chi legge da mobile è dunque un fondamentale incentivo o disincentivo alla lettura, al pari se non più dell’oggetto. Ecco l’esempio precedente ma visualizzato su smartphone. Il preheader è senza dubbio più esaustivo dell’oggetto:

Contribuisce a ridurre le segnalazioni spam
Ogni indirizzo email ha la propria reputazione, forse lo saprai. È il grande tema della deliverability: la capacità di recapito di un brand è al centro di una fitta rete di relazioni e rapporti tra gli attori in gioco (ESP, ISP, antispam ecc).  Uno dei fattori che può intaccare la reputazione è legata alla possibilità, da parte degli iscritti, di contrassegnare l’email come spam. Per questo, inserendo il preheader, dai ai destinatari la possibilità di comprendere sommariamente i contenuti della newsletter, di accertarsi che non si tratta di spam e scongiurare il rischio di segnalazione abuso.

Le best practice per scrivere un buon preheader

Possibile, in 100 caratteri, operare scelte in grado di ottimizzare questo elemento? Sì, gli spazi di manovra ci sono e vanno sfruttati. Ecco alcune best practice:

Concentra il contenuto chiave nella prima metà del preheader
Come detto, sono sempre di più le visualizzazioni da mobile, così come abbiamo parlato della preminenza del preheader sull’oggetto. Ricorda di conseguenza di inserire nei primi 35 caratteri (34 su iPhone, che diventano 60 in visualizzazione portrait) concetti, dati e parole che vuoi mettere in evidenza. Stai inviando un’email di flash sale? Assicurati di aver inserito la percentuale di sconto nella prima metà del preheader.

Sfrutta tutti i caratteri a disposizione
Gmail è il client più usato al mondo, e di conseguenza serve un occhio di riguardo per assecondare le caratteristiche di questo client. Per questo ricorda che Gmail visualizza tra i 100 e 110 caratteri spazi inclusi. 100 sono le battute messe a disposizione da MailUp per la scrittura del preheader. Il consiglio quindi è quello di occupare tutti e 100 i caratteri, in modo che nel sommario non facciano capolino testi avulsi e sconnessi. Ricorda che, se non inserito, il preheader pesca automaticamente i primi elementi testuali presenti all’interno dell’email. E i risultati sono tutt’altro che esaltanti, come nel caso seguente:

In questo caso, dopo il Welcome to MOO, è venuto a crearsi un accumulo di parole sconnesse, prese dal corpo dell’email, nella fattispecie il menu in cima all’email, e portate di peso nel preheader. Ecco la prova:

C’è invece chi, per togliersi dagli imbarazzi, crea una struttura di contenuti fissa, valida per tutte le email e in grado di offrire contenuti coerenti al preheader. Ecco un esempio:

Le prime parole pescate dal preheader vanno a comporre un testo sensato e coerente, un vero e proprio sommario: In this issue, seguito dalle notizie di ogni newsletter.

Includi una call to action
Molte delle email che inviamo sono incentrate su un invito all’azione. Potrebbe sembrare strano, ma inserire la call to action all’interno del preheader consente di dare pregnanza all’email in inbox, individuando l’azione chiave richiesta al destinatario. Trenitalia, come puoi vedere nell’esempio qui sotto, porta la call to action in attacco di preheader.

Sperimenta con gli emoji
Su un piano più formale, possiamo consigliare di vivacizzare il preheader con un emoticon: si tratta di una pratica piuttosto comune per la scrittura dell’oggetto, assai meno per il preheader. In realtà è un ottimo modo per dare un tocco di colore a quel livello testuale che il più delle volte è dominato da un poco appariscente grigio. Ecco l’effetto creato da Mc Kenzy per San Valentino:

Vai controcorrente e punta sulla concisione
Tra le possibilità c’è anche quella di smarcarsi dalla norma, puntando sulla concisione: potrebbe risultare più funzionale e di impatto di molte parole. Se il concetto è forte e individuato, non servono molte parole. Senza dimenticare che i destinatari sono grati a chi fa un uso saggio e dosato delle parole. Mejuri è uno di quei brand che percorre questa strada:

Cose da non fare in un preheader

Inserire la voce di unsubscribe
Non una scelta che premia, anche se potrebbe sembrare un atto di onestà e trasparenza verso il destinatario. Ma non è il preheader il luogo dove farlo. Nell’esempio che segue, l’unsubcribe, isolato e in caps lock, non aggiunge nulla di utile o rilevante all’email visualizzata in inbox:

Riprodurre l’occhiello “Versione online”
È l’errore più comune: non scrivere il preheader e lasciare che al momento del recapito l’email visualizzi nel sommario le prime parole all’interno del messaggio, che il più delle volte riporta il testo che offre la versione browser dell’email. Ecco un esempio:

Ripetere l’oggetto
Una scelta frutto di pigrizia e di nessuna utilità. Vedere in inbox un testo replicato suggerisce al destinatario un’idea di errore e, nel peggiore dei casi, di mittente poco credibile e sospetto.

Come inserire il preheader con MailUp

Con MailUp, per inserire il preaheder dell’email non servono tutte quelle operazioni di HTML che venivano richieste fino a qualche tempo fa. Bastano pochi clic.

Una volta creata la tua email o salvate le modifiche apportate a un messaggio, raggiungerai la pagina Riepilogo. Qui, dopo l’oggetto, trovi il campo Sommario, con il relativo contatore delle battute (100 come massimo, spazi inclusi).

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Andrea Serventi

Sono nato nel 1986 a Milano, dove mi sono laureato in lettere moderne e ho iniziato a scrivere di tante cose per quotidiani online, magazine e notiziari tivù. Convertito al marketing e al mondo digital, sono content editor di MailUp: leggo, ascolto, raccolgo spunti e scrivo, per raccontare cos'è l'email marketing e come renderlo strategico.

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