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Paola Bergamini
9 Marzo 2021
Tempo di lettura: 10 minuti

Il Digital Marketing al femminile: si può parlare di settore dalle pari opportunità?

Per celebrare la festa della donna, analizziamo la situazione del mercato del lavoro, il numero di quote rosa e le professioni più ricorrenti nel Digital Marketing per capire se possiamo parlare di settore dalle pari opportunità o se il divario di genere è ben lontano dall’essere colmato.

La qualità della cultura dell’ambiente lavorativo sta diventando un tema sempre più importante a livello sociale, guadagnando ogni anno le prime posizioni nella lista delle maggiori fonti di preoccupazione dei lavoratori. Secondo la ricerca annuale di Accenture Getting to equal, l’inclusività della cultura lavorativa rappresenta uno dei fattori decisivi per l’aumento della produttività lavorativa per circa il 77% delle donne e il 67% degli uomini.

Ma qual è la situazione nel settore Digital Marketing? Possiamo parlare di equità o c’è ancora un divario di genere significativo da colmare? Questa è la domanda principale che ci siamo posti e, analizzando numerosi studi e ricerche effettuati sia a livello globale che sul territorio italiano, ecco cosa è emerso.

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Il divario di genere nel Digital Marketing è stato colmato? La risposta nei dati

Sebbene secondo lo studio Gender in marketing le donne siano più propense a iniziare una carriera lavorativa nel settore marketing, con una percentuale del 21% rispetto al 16% degli uomini, tutti gli studi che abbiamo consultato e che troverai citati in questo articolo fanno emergere un quadro di disparità di genere sia a livello globale che a livello europeo e italiano, a testimonianza di quanto le pari opportunità siano un obiettivo ancora molto lontano, soprattutto a livello manageriale.

Tra le cause di tale disparità occorre senz’altro escludere il percorso formativo. Il Gender Equality in the Media Sector del Parlamento Europeo conferma che il cosiddetto gender gap non inizia dagli studi: il numero di donne che ha seguito un percorso di laurea legato a pubblicità, media, marketing e comunicazione e che riesce a trovare un impiego coerente con ciò che ha studiato è, infatti, paragonabile a quello degli uomini, con una percentuale di laureate in discipline mediatiche che negli anni ha subìto una costante crescita, arrivando a superare il 44%. 

Il gap si manifesta, quindi, una volta avviato l’effettivo percorso lavorativo ed è causato, secondo la totalità degli studi, principalmente dalle incombenze familiari.

Il GWPR Annual Index 2020, in particolare, restituisce un quadro completo sui principali fattori che frenano le donne dal proseguire la loro carriera lavorativa:

  • la cura di figli e familiari (per il 78% dei casi)
  • la mancanza di un equilibrio tra vita lavorativa e personale a livelli apicali (per il 70%)
  • l’ambiente lavorativo poco flessibile e familiare (per il 67%).

Le donne sono più inclini a ritenere che l’essere genitori abbia impatti negativi sulla carriera lavorativa (il 62% contro il 24% degli uomini).

Sicuramente il gender gap si manifesta soprattutto per le donne che si creano una famiglia” conferma Laura ZanellaEngineering Associate Manager del Product & Technology Department di MailUp. “Non sono tante le aziende disposte a investire su una lavoratrice madre con le sue necessità, ma quando lo fanno si trovano spesso davanti delle professioniste che si impegnano ancora di più per dimostrare che la fiducia accordata è stata ben riposta. Io sono stata fortunata; MailUp mi ha consentito un orario part time fin dall’assunzione, la possibilità di fare smart working negli ultimi anni senza precludermi la possibilità di fare carriera: 6 anni fa sono stata assunta come Web Developer e oggi sono Engineering Associate Manager. Se si vuole si può fare!”

Solo negli Stati Uniti, la percentuale di donne che ha lasciato il lavoro per occuparsi della famiglia è del 27% (contro il 10% di uomini) e circa il 40% dichiara di aver richiesto riduzioni di orario e di aver preso un numero significativo di permessi e ferie per prendersi cura di figli e altri membri della famiglia:

Fonte: Pew Research Center

“Essere madre è anche una questione di presenza e molte donne, come me, si trovano a chiedere una riduzione di orario per delegare il meno possibile a nonni e a strutture scolastiche. Questo però implica in molti casi il dover rinunciare a parte della propria vita professionale, sia in termini economici che di considerazione”, conferma Fabiana Scamardella, Customer Support Specialist di MailUp. “Non tutte le aziende, infatti, permettono di raggiungere livelli senior a chi non dedica almeno 8 ore al giorno al proprio lavoro.”

Il gender gap nello scenario italiano

Spostando la prospettiva sul territorio italiano, le disparità di genere in ambito lavorativo si fanno forse ancora più marcate.

Considerando lo scenario complessivo del mercato del lavoro, i dati Istat sottolineano un divario considerevole: in un paese in cui le donne sono oltre 1,7 milioni in più degli uomini, le lavoratrici sono circa 3,4 milioni in meno dei lavoratori. Seppur negli ultimi dieci anni il quadro sia migliorato, il tasso di disoccupazione femminile continua a essere più alto di quello maschile. Il 49,5% delle donne ha un impiego, mentre per gli uomini la percentuale sale al 67,6%.

Ma esattamente come si colloca l’Italia rispetto al resto del mondo sulla tematica delle pari opportunità sul lavoro?

Secondo la classifica del Global Gender Gap Report 2018 del World Economic Forum, l’Italia è al 70° posto su 149 paesi nel mondo per capacità di colmare le differenze di genere e al 17° su 20 Paesi dell’Europa occidentale.

Focalizzandosi solo sul settore digital-scientifico, alcuni dati interessanti sulla situazione del mercato del lavoro femminile ce li fornisce una ricerca realizzata da NetConsulting Cube su un campione di 60 aziende italiane e 225 studenti di licei e istituti professionali. Lo studio rivela che la percentuale di quote rosa nelle professioni più innovative del settore digitale e scientifico oscilla tra il 15% e il 25%Su un totale di 30% di ruoli in questo ambito, solo il 13% è formato da donne. Secondo un terzo dei Responsabili delle Risorse Umane intervistati da NetConsulting Cube, il divario di genere nello scenario italiano è ancora molto elevato, seppur il 50% ritenga che si stiano facendo dei notevoli passi avanti e che tale fenomeno sia in progressiva riduzione.

Le quote rosa nel management aziendale: equità o divario?

Guardando al quadro generale del management aziendale globale, la ricerca annuale di Accenture ci dice che solo il 2,8% delle aziende che si trovano all’interno della Fortune Global 500 ha una donna come amministratore delegato e solo una su cinque startup è stata fondata da una donna.  

Secondo il Global Report on the Status of Women in the News Media le donne che ricoprono ruoli apicali nelle imprese media sono solo il 27% (poco più di un quarto).

Nel settore marketing, la maggior parte dei profili senior è occupata da uomini: stando ai dati dello studio Gender in marketing, nelle aziende in cui il ruolo di responsabile marketing è rivestito da una sola persona, nel 62% dei casi si tratta di una figura maschile. Anche nel settore delle Pubbliche Relazioni si conferma questo divario a livello manageriale, con ruoli apicali che continuano a essere rivestiti per il 64% da uomini, nonostante le donne costituiscano circa i due terzi dell’intero ambito lavorativo.

In ambito digitale-scientifico, nel 64% delle aziende italiane meno del 10% delle donne ricopre ruoli dirigenziali, stando ai dati della ricerca di NetConsulting Cube.

Abbiamo chiesto alle colleghe di MailUp quali potrebbero essere le cause di un gender gap così evidente nei ruoli apicaliIlaria Pellini, Sales Delivery Manager, ci ha fornito un importante punto di vista: “Spesso si identifica come tratto distintivo del management femminile uno stile di leadership trasformazionale, improntato non all’esercizio del potere finalizzato al comando ma orientato alla volontà di contribuire al miglioramento aziendale e motivando i collaboratori a fare altrettanto. Questo tipo di leadership è fondamentale per governare il cambiamento e garantisce ottimi risultati sia in termini di prestazioni che di soddisfazione. Personalmente prediligo questo modello di leadership ad altri, ma mi piacerebbe vivere in un mondo in cui tutti gli stereotipi di genere, questo compreso, venissero finalmente superati e che, anche nel caso delle forme di leadership, si valutasse l’individuo per le capacità, le competenze, l’etica e il fit con il ruolo e l’organizzazione. Null’altro.

Un divario ancora da colmare anche nelle retribuzioni

Il Marketing Week 2020 Career and Salary Survey fornisce dati significativi dal punto di vista della retribuzione, confermando come le disparità di genere siano purtroppo ancora tangibili anche da questo punto di vista. La percentuale di divario è pari al 28% se si considerano solo i lavoratori full time. Le donne che ricoprono posizioni manageriali, come Marketing o Sales Directors, guadagnano circa l’11% in meno dei loro colleghi maschi. 

Guardando l’andamento degli ultimi anni, sembra che ci siano stati dei passi avanti, seppur troppo piccoli per parlare di un vero e proprio miglioramento, come si può evincere dal grafico seguente:

Fonte: Simply Marketing Jobs

In Italia il quadro non migliora: dopo che per tre anni, dal 2016 al 2018, il divario nelle retribuzioni si stava lentamente colmando, dal 2019 è tornato a crescere toccando la media dell’11,1%, con un guadagno totale da parte delle lavoratrici donne inferiore di circa 3.000 euro lordi rispetto ai lavoratori uomini (Fonte: JobPricing/Spring Professional).

La differenza di genere continua anche nei ruoli ricoperti

Il report annuale del 2018-19 di Simply Marketing Job fornisce uno spaccato interessante anche sulla tipologia di ruoli ricercati nel settore marketing da parte dei due generi:

Fonte: Simply Marketing Jobs

Il quadro dimostra come i profili lavorativi legati a competenze e attività di tipo analitico (SEO, PPC, Data Analysis) attraggono più gli uominimentre settori come eventi e PR o i ruoli di assistenza siano maggiormente ricercati dalle donne, nonostante questo non si traduca in una maggior presenza di quote rosa ai livelli più alti di queste professioni.

Lo stesso scenario è confermato da un altro studio di The Candidate: su 150 aziende prese come campione, i ruoli più richiesti e ricoperti da donne sono marketing e social media (27%), pubbliche relazioni e comunicazione (18%) e account management (14%), mentre i ruoli più tecnici e analitici continuano ad essere ricoperti in prevalenza da uomini.

Uguaglianza = Crescita

Assicurare pari opportunità e un ambiente lavorativo equo non è solamente una questione etica, ma può portare dei vantaggi concreti sia per il management, garantendo maggiore produttività, sia per i lavoratori, creando una cultura del lavoro più stimolante. Secondo Accenture, una riduzione del 50% del divario di genere può contribuire ad aumentare significativamente i profitti generali dell’azienda (fino a un 30% di crescita), oltre che costituire una fonte di incentivi e ambizioni di carriera:

  • la percentuale di donne che percepiscono il loro ruolo come decisivo nei processi decisionali aumenterebbe del 43%
  • le quote rosa con aspirazioni di leadership crescerebbero del 21%
  • il numero di donne soddisfatte del proprio lavoro aumenterebbe del 5%, facendo risparmiare alle aziende i costi di nuove assunzioni, per un totale di circa 8 milioni all’anno.

Sull’importanza di creare una cultura aziendale inclusiva per stimolare i propri collaboratori e incrementare competitività e produttività di un’azienda si è espressa anche Eleonora Nardini, Head of People & Culture di MailUp Group: “Credo che la promozione dell’equità di genere debba partire da un concetto che sta alla base della diversità e dell’inclusione: l’appartenenza. È l’appartenenza che fa sentire ogni individuo accettato per quello che è. Le strategie di inclusione e diversità sono importanti ma non sufficienti se l’azienda non è in grado di creare una cultura dell’appartenenza, i cui vantaggi sono enormi. Penso che il dialogo e la trasparenza siano essenziali per favorire il senso di appartenenza all’azienda in cui ci si trova. Nelle aziende questo deve partire con un forte commitment dall’alto e permeare la cultura aziendale dall’interno. La comprensione interculturale, insieme alla conoscenza e alla comprensione del mercato, rende un’azienda più competitiva”.

Le 5 donne del Digital Marketing a cui ispirarsi

Proprio perché la disparità c’è ed è ancora effettiva, le donne sono più inclini degli uomini ad avere dei riferimenti a cui ispirarsi (il 35% contro il 24%) e circa il 66% ritiene che avere più modelli di donne che occupano posizioni apicali sia uno dei fattori che possono contribuire maggiormente a colmare il divario e incentivare il progredire della carriera lavorativa.

Ecco 5 esempi di donne a cui ispirarsi:

  • Mari Smith. Nominata da Forbes come una delle Top Ten Social Influencer, è tra le maggiori esperte di social media al mondo. Oltre alla sua lunga esperienza lavorativa in Facebook, è autrice del libro The New Relationship Marketing e co-autrice di Facebook Marketing: An Hour A Day.
  • Ann Handley. Riconosciuta da IBM tra i sette professionisti più prestigiosi del marketing di oggi, è a capo di MarketingProfs, nonché autrice del libro bestseller Everybody Writes: Your Go-To Guide to Creating Ridiculously Good Content (entrato nella classifica del Wall Street Journal come uno dei libri più venduti)
  • Purna Virji. PPCHero l’ha nominata la persona più influente in ambito PPC. Esperta di SEM e SEO, è Senior Manager di Global Engagement in Microsoft, editorialista di Search Engine Land ed è stata inserita tra le 50 donne più influenti del Digital Marketing dalla rivista Voice Search.
  • Veronica Gentili. Nello scenario italiano è una tra le web marketer principali. Si occupa in particolare di Facebook Marketing ed è Facebook Marketing Expert per AdEspresso e Hootsuite. Ha scritto due libri di successo: Strategie e Tattiche di Facebook Marketing per Aziende e Professionisti (alla quinta ristampa) e Facebook Marketing Plan, tra i libri bestseller di Amazon
  • Mara Andria. Restiamo sul suolo italiano con la CMO dell’Università Pegaso. Tra i 100 direttori marketing italiani principali selezionati da Forbes, dopo un’esperienza in Rai è diventata responsabile ufficio marketing, comunicazione organizzazione e gestione di eventi di Pegaso.
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Paola Bergamini

Sono nata nel 1993 a Como e sono evasa dai confini della provincia per studiare a Milano, dove mi sono laureata in filosofia seguendo una passione personale. Da sempre affascinata al mondo del digital e della comunicazione, amo scrivere e arricchirmi leggendo. Come Content Editor di MailUp, mi tengo aggiornata sul mondo dell'Email e del Digital Marketing per divulgarne trend, teorie e strumenti.

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